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Science & Exploration

N° 20–2020: Scoperto secondo sito di atterraggio di Philae sul crinale ‘cima del teschio’

28 October 2020

Dopo anni di lavoro investigativo, il secondo sito di atterraggio del lander Philae di Rosetta è stato localizzato sulla Cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko in un luogo che ricorda la forma di un teschio. Philae ha lasciato la sua impronta su del ghiaccio vecchio di miliardi di anni, rivelando che il gelido interno della cometa è più soffice della schiuma del cappuccino.

Una storia poliziesca

Philae è sceso sulla superficie della cometa il 12 novembre 2014. Ha rimbalzato dal suo iniziale sito di atterraggio, Agilkia, e si è imbarcato in un volo di due ore, durante le quali si è scontrato con il bordo di una scogliera ed è caduto verso una seconda località di atterraggio. Philae si è infine arrestato ad Abydos, in un angolo protetto che è stato identificato nelle immagini acquisite da Rosetta soltanto 22 mesi più tardi, alcune settimane prima della conclusione della missione Rosetta.

Laurence O’Rourke dell’ESA, che ha ricoperto un ruolo guida nella ricerca di Philae in primo luogo, era anche determinato a localizzare il sito non ancora scoperto del secondo atterraggio.

“Philae ci ha lasciati con un mistero finale in attesa di essere risolto”, commenta Laurence. “Era importante trovare il sito di atterraggio perché i sensori di Philae indicavano che avesse scavato nella superficie, molto probabilmente esponendo ghiaccio primitivo nascosto al di sotto, che ci avrebbe fornito un prezioso accesso al ghiaccio vecchio di miliardi di anni”.

Insieme a una squadra di scienziati e ingegneri di missione, ha cominciato a mettere insieme i dati degli strumenti sia di Rosetta che di Philae per trovare e confermare il sito di atterraggio ‘mancante’. 

La stella dello spettacolo

Nonostante una brillante macchia di ‘ghiaccio affettato’ osservato nelle immagini ad alta risoluzione fornite dalla telecamera OSIRIS di Rosetta si sia dimostrata cruciale nel confermare il posto, è stato il braccio del magnetometro di Philae, ROMAP, che si è rivelato essere il protagonista dello spettacolo. Lo strumento è stato disegnato per prendere le misurazioni del campo magnetico nell’ambiente locale della cometa, ma per la nuova analisi il team ha osservato i cambiamenti registrati nei dati che sono emersi quando il braccio – che sporge di 48 cm dal lander – si è fisicamente mosso mentre urtava la superficie. Ciò ha creato una caratteristica serie di punte nei dati magnetici mentre il braccio si spostava relativamente al corpo del lander, evento che ha fornito una stima della durata del calpestio di Philae nel ghiaccio. I dati potrebbero anche essere utilizzati per limitare l’accelerazione di Philae durante questi contatti.

I dati ottenuti da ROMAP sono stati correlati a incrocio con quelli raccolti dal magnetometro RPC di Rosetta nella stessa occasione per determinare l’attitudine di Philae ed escludere qualsiasi influenza dal campo magnetico di fondo dell’ambiente di plasma intorno alla cometa.

“Non siamo stati in grado di completare tutti i rilievi che avevamo pianificato nel 2014 con Philae, pertanto è veramente sorprendente utilizzare il magnetometro in questo modo, e combinare i dati ottenuti da Rosetta e da Philae in un modo che non era mai stato previsto, per darci questi spettacolari risultati”, commenta Philip Heinisch, che ha guidato l’analisi dei dati di ROMAP.

Un riesame dei dati di atterraggio ha mostrato che Philae ha trascorso quasi due minuti interi nel secondo sito di atterraggio, con almeno quattro distinti contatti con la superficie mentre la solcava. Un’impronta particolarmente di rilievo rivelata nelle immagini è stata creata mentre la superficie superiore di Philae affondava 25 cm nel ghiaccio sul versante di un crepaccio, lasciando tracce evidenti della sua torre di perforazione e dei bordi. Le punte nei dati del campo magnetico che si alzavano per via del movimento del braccio hanno mostrato che ci sono voluti tre secondi per Philae per realizzare questa particolare depressione.

Teschio

“La forma dei massi con cui Philae ha impattato mi ricordavano un teschio se visti da sopra, quindi ho deciso di soprannominare la regione ‘cima del teschio’ e continuare con questo tema per le altre caratteristiche osservate”, afferma Laurence.

“L’occhio destro del teschio è stato creato dalla parte superiore della superficie di Philae che ha compresso la polvere, mentre il vuoto tra i massi è la crepa del teschio, dove Philae si è comportato come un mulino a vento per passare tra di essi.

L’analisi delle immagini e dei dati ottenuti da OSIRIS e dallo spettrometro VIRTIS di Rosetta hanno confermato che la luminosa esposizione era ghiaccio d’acqua che ricopriva un’area di circa 3.5 metri quadrati. Sebbene il ghiaccio fosse prevalentemente in ombra al momento dell’atterraggio, il Sole illuminava direttamente l’area dove le immagini sono state riprese mesi più tardi, illuminandola come un faro che si distingue contro tutto ciò che è intorno. Il ghiaccio era più brillante dei dintorni in quanto non era stato precedentemente esposto all’ambiente spaziale o subìto erosione spaziale.

“Era una luce splendente nel buio”, ha detto Laurence, notando che si trovava ad appena 30 metri da dove Philae aveva in ultimo acquisito immagini della superficie della cometa.

Schiuma di cappuccino

Benché un’entusiasmante conclusione alla ricerca del secondo sito di atterraggio, lo studio fornisce anche le prime misurazioni in-situ della morbidezza dell’interno di polvere ghiacciata di un masso su una cometa.

“La semplice azione di Philae che lascia una traccia sul versante della fenditura ci ha permesso di scoprire che questo antico, di miliardi di anni, misto di polvere ghiacciata è straordinariamente soffice – più morbido della schiuma di un cappuccino, o della spuma che si può trovare in un bagnoschiuma o sulla cresta delle onde in riva al mare”, continua Laurence.

Lo studio ha inoltre permesso una stima della porosità del masso – quanto spazio vuoto esiste tra i granelli di polvere di ghiaccio all’interno del masso – di circa il 75%, che è in linea con il valore misurato precedentemente per l’intera cometa in uno studio separato. Lo stesso studio ha dimostrato che la cometa è omogena in qualsiasi parte al suo interno su tutte le scale di dimensione fino a circa un metro. Ciò significa che i massi rappresentano lo stato complessivo dell’interno della cometa quando si è formata quasi 4.5 miliardi di anni fa.

“Questo è un fantastico risultato multi-strumento che non solo colma i vuoti della storia del sobbalzante viaggio di Philae, ma ci informa inoltre circa la natura della cometa”, aggiunge Matt Taylor, scienziato di progetto di Rosetta all’ESA. “In particolare, comprendere la forza di una cometa è importante per future missioni con lander. Che la cometa abbia un interno così morbido è veramente un’informazione preziosa in termini di come progettare i meccanismi di atterraggio, e anche per i processi meccanici che potrebbero essere necessari per raccogliere campioni”. 

Note per i redattori:

“The Philae lander reveals low-strength primitive ice inside cometary boulders,” di O’Rourke e altri è pubblicato sulla rivista Nature.

Lo studio ha utilizzato dati ottenuti dagli strumenti OSIRIS, VIRTIS e RPC-MAG di Rosetta, e dallo strumento ROMAP di Philae. Dati ottenuti dallo strumento MIRO di Rosetta sono inoltre stati studiati ma l’impronta dello strumento era troppo larga per consentire di tracciare delle affermazioni conclusive per questo studio. ‘Modelli di forma’ che particolareggiavano la topografia della regione in una risoluzione maggiore di quanto precedentemente disponibile al momento dell’atterraggio si sono rivelati essenziali per guadagnare una prospettiva in 3D della regione, così come lo è stato il nuovo modellamento della traiettoria di volo di Philae.

Un riesame dei dati di ROMAP mostra che il contatto iniziale all’atterraggio numero due è avvenuto alle 17:23:48 GMT, approssimativamente 1,5 minuti prima di quanto precedentemente riportato. L’ora precedentemente riportata corrisponde al contatto più significativo avuto da Philae con la superficie, ma è ora chiaro che Philae ha toccato la superficie diverse volte durante il secondo evento di atterraggio, e che ha trascorso quasi due minuti lì.

Informazioni:

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