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Danza del quartetto di Cluster
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Cluster: una flotta di satelliti per studiare il tempo nello spazio

27/07/2000 1489 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Il 16 luglio, dalla base di Baikonour, in Kazakhstan, a bordo di un Soyuz russo sono partiti Salsa e Samba, i primi due dei quattro satelliti che compongono la flottiglia di satelliti europei Cluster. Che cosa è Cluster?

Cluster si compone di quattro satelliti identici, che vengono posti in orbita intorno alla Terra con il compito di studiare l’influenza del sole sullo spazio in prossimità del nostro pianeta.

Come hai ricordato, i due satelliti, Salsa & Samba, sono stati lanciati il 16 luglio. Il lancio degli altri due satelliti, Rumba e Tango, è previsto per il 9 di agosto, ancora a bordo di un lanciatore russo Soyuz, dalla base di Baikonour. L’orbita definitiva sarà un’orbita ellittica che nel punto di minima distanza si trova a una quota di 19000 km e nel suo punto di massima distanza si trova a circa 119000 km dalla Terra.

Qualcuno ha probabilmente notato i nomi piuttosto inusuali dei quattro satelliti scientifici. Sono nomi assegnati dal grande pubblico: infatti sono stati scelti attraverso un concorso internazionale bandito nei primi mesi del 2000 fra i cittadini dei paesi membri. Tra le oltre cinquemila proposte ricevute dall’ESA, è risultata vincente la proposta di Raymond Cotton, di Bristol: Salsa, Rumba, Samba e Tango sono nomi facili da ricordare, internazionali e che suggeriscono l'idea del movimento “in formazione” dei quattro satelliti nel corso della loro missione.

La presenza contemporanea di quattro satelliti con gli stessi strumenti scientifici a bordo è, in effetti, l'aspetto fondamentale della missione. Questo permetterà, per la prima volta, di avere una visione tridimensionale degli eventi osservati. È un po’ come avere quattro telecamere che riprendono un’azione di gioco in una partita di calcio: si può cambiare punto di vista e questo aiuta nell’interpretazione di un’azione dubbia, per esempio.

Campo magnetico della Terra
Campo magnetico della Terra

Noi siamo abituati a pensare al Sole come a una sorgente che illumina e che riscalda la Terra. In questi anni ci sono state varie missioni dedicate allo studio del Sole, come SOHO e Ulysses, entrambi missioni congiunte ESA/NASA. Perché mandare nello spazio ancora quattro satelliti per studiare l’effetto del Sole sullo spazio vicino alla Terra?

Luce e calore sono senz’altro gli effetti più evidenti e più importanti del Sole sulla Terra: grazie ai quali la vita ha potuto svilupparsi sul nostro pianeta. Un altro effetto evidente (e molto amato!) del Sole è la sua capacità di abbronzare la pelle attraverso i raggi ultravioletti.

Tuttavia, oltre a emettere luce, il Sole soffia costantemente nello spazio anche delle particelle elettricamente cariche, come per esempio protoni ed elettroni, che si muovono ad altissima velocità e che sono in grado di portarsi rapidamente in vicinanza della Terra. Per dare un’idea, le più veloci possono muoversi circa duemila volte più rapidamente di un Concorde (4000 volte più veloci di un Boeing 747) e di percorrere l’enorme distanza che ci separa dal Sole in poco più di trenta minuti.

La Terra dunque si può paragonare a un’isola battuta da un vento fortissimo. Eppure, nella vita quotidiana, non ci accorgiamo o quasi, come vedremo, degli effetti di questo vento. Perché?

Il motivo risiede nel fatto che la Terra è protetta da un campo magnetico, che ha la capacità di deviare la rotta delle particelle “sparate” dal Sole, impedendo che arrivino fino a noi. Questo accade perché il campo magnetico è quasi perpendicolare alla velocità delle particelle stesse. Tuttavia lo scudo magnetico della Terra ha dei punti deboli in corrispondenza dei poli magnetici terrestri, dove la direzione del campo magnetico cambia, formando una specie di imbuto magnetico che accompagna le particelle del vento solare fino alla ionosfera, lo strato più alto dell’atmosfera terrestre.

Una delle conseguenze, per esempio, è che le particelle del vento solare penetrano nell’atmosfera e danno luogo alle aurore polari, cioè quella luminosità diffusa e colorata che illumina la notte nelle regioni ad alta latitudine.

Visione artistica di Cluster
Visione artistica di Cluster

Un’aurora polare è un bello spettacolo da vedere che non porta effetti pericolosi. Ma possono esserci anche conseguenze importanti sulla vita quotidiana?

Per una società ad alta tecnologia come la nostra, è fondamentale studiare questi eventi perché molti degli strumenti o delle tecnologie sviluppate negli ultimi anni sfruttano fenomeni fisici che possono essere influenzati dal vento solare. Per esempio, lo stesso funzionamento dei satelliti può essere disturbato dalle particelle del vento solare e dai campi elettromagnetici variabili.

Insomma, la situazione ricorda quella dei navigatori del mediterraneo in epoca greca e latina. Oltre lo stretto di Gibilterra c’era un mare diverso, un mare ignoto, tempestoso: l’oceano. Se vogliamo navigare in quel mare, occorre conoscerlo bene.

Una delle'idee alla base della missione Cluster, una missione fortemente voluta dall'ESA, è proprio questa: studiare in modo dettagliato l’interazione Terra–Sole è importante per sfruttare al meglio la tecnologia che abbiamo creato, per poter prevedere ed evitare tutti i possibili disagi.

Quali sono, in pratica, gli effetti a cui mi riferisco? Il vento solare può essere più o meno intenso a seconda dell’attività magnetica del Sole. Può accadere che si verifichino vere e proprie tempeste solari o esplosioni sulla superficie della nostra stella. In particolare, il Sole aumenta e diminuisce la propria attività in maniera regolare raggiungendo un massimo ogni undici anni. E siamo in prossimità proprio della massima attività del Sole.

In occasione di esplosioni sulla superficie del Sole, lo scudo magnetico terrestre può essere penetrato, per esempio distorcendo la ionosfera, che rende possibili le trasmissioni radio. In questo caso, c’è da aspettarsi qualche problema in questo genere di trasmissioni.

Oppure, ancora, si sono registrati accumuli di tensione elettrica lungo i cavi di trasmissione, con successivi black out. Forse qualcuno ricordo ancora il black out del marzo 1989, quando oltre 6 milioni di persone furono lasciate al buio e al freddo in Canada, proprio a causa di un evento come quello di cui abbiamo parlato.

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