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The magnetosphere - a natural protective bubble
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I primi risultati scientifici di Cluster

15/02/2001 796 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

L’era delle telecomunicazioni è ormai sbocciata anche grazie alle spinte tecnologiche che consentono la trasmissione di quantità di dati sempre più grandi. E le stelle in questo caso non stanno a guardare...

È lo spazio in generale che in questo caso non sta a guardare. Com’è noto, la tecnologia satellitare può giocare un ruolo fondamentale per lo sviluppo delle telecomunicazioni avanzate.

E poi anche perché man mano che l’uomo avanza nella colonizzazione dello spazio, appare sempre più evidente quanto le tecnologie moderne possano risentire in modo concreto e reale della presenza della stella a noi più vicina, il Sole. Ne è un esempio il black out di undici anni fa in Quebec, dovuto a un improvviso calo di tensione, che lasciò al buio e al freddo oltre 9 milioni di persone.

E la colpa fu proprio dell’interazione tra Terra e Sole.

Ma in che modo il Sole può influire su una cosa del genere?

Crossing the polar cusp
Crossing the polar cusp

Chi ha avuto la fortuna di osservare il Sole durante l’eclisse totale di qualche anno fa, ha potuto rendersi conto che oltre il disco oscurato del Sole si estendeva una “corona” luminosa, molto tenue.

Si tratta di una zona di gas molto rarefatto ma che arriva a temperature dell'ordine di 1 - 2 milioni di gradi , detta corona,, appunto.

La corona si estende nello spazio a grandi distanze dal Sole, pari a 50–100 volte il diametro del Sole, una distanza che corrisponde alla metà di quella fra Sole e Terra.

Alla base della corona vengono accelerate delle particelle elettricamente cariche, come protoni ed elettroni, che sono poi proiettate ad altissima velocità verso l’esterno. A questo fenomeno si dà il nome di vento solare. Il vento solare percorre a velocità supersonica la distanza tra Sole e Terra, divorandola nel giro di qualche giorno.

In occasione di un’intensa attività magnetica del Sole, alcune particelle possono raggiungere una velocità duemila volte maggiore di quella di un Concorde e di percorrere i 150 milioni di km che ci separa dal Sole in poco più di trenta minuti.

In pratica la Terra si trova immersa nel vento solare? Ma perché non ce ne accorgiamo?

Eclipse of the Sun at solar maximum
Eclipse of the Sun at solar maximum

Gli elettroni e i protoni del vento solare sono soltanto uno dei protagonisti di questa storia. L’altro, per noi terrestri, è senza dubbio il campo magnetico terrestre.

La Terra si può paragonare a una calamita, inclinata di 11 gradi rispetto all’asse di rotazione terrestre. Il campo magnetico generato dalla Terra è molto debole: circa 1000 volte minore di quello generato da una comunissima calamita.

Nonostante sia debole, è proprio il campo magnetico terrestre a protegge la Terra dal vento solare, costringendo le particelle cariche, come quelle “sparate” dal Sole, a spiraleggiare intorno alla sua direzione.

E tuttavia questo scudo magnetico non circonda la Terra come un guscio. Il campo magnetico punta infatti verso i poli magnetici da sud a nord e in corrispondenza dei poli forma una specie di imbuto.

Per questo motivo le particelle cariche del vento solare, mentre spiraleggiano intorno al campo magnetico, sono accompagnate fino alla ionosfera, lo strato più alto dell’atmosfera terrestre.

E la ionosfera è quello strato di atmosfera che rende possibile la comunicazione attraverso le onde radio. Quando viene “urtata” dalla particelle del vento solare, nella ionosfera si producono distorsioni, che possono provocare la perdita del segnale, oppure delle forti interferenze. Per esempio, si è verificato più volte che il GPS, il sistema di navigazione guidata da satellite degli USA, abbia cessato completamente di funzionare in seguito a tempeste magnetiche provocate da un vento solare particolarmente intenso o che abbia erogato un segnale di posizione con errori dell'ordine di decine di metri. E questo, naturalmente, è un rischio e un disservizio da eliminare.

 

Dancing Cluster quartet
Dancing Cluster quartet

Come è possibile eliminare questi problemi, in previsione di un rafforzamento dei servizi di telefonia satellitare o di navigazione guidata da satellite?

Occorre capire meglio i fenomeni estremamente complicati che avvengono nella cosiddetta magnetosfera, cioè la zona in cui si estende (dominata dal) il campo magnetico terrestre.

Questa è l’idea guida della missione Cluster dell’ESA, una missione di grande complessità lanciata la scorsa estate con due lanciatori Soyuz, dalla base di Baikonour, e che sta dando i primissimi risultati scientifici in questi giorni. Domani, il direttore del Dipartimento di Scienza dell’ESA terrà una conferenza stampa a Parigi in cui illustrerà i primissimi risultati della missione.

Cluster è composto da quattro satelliti, che sono stati battezzati Salsa, Samba, Rumba e Tango, grazie a un concorso internazionale. I quattro satelliti percorrono un’orbita fortemente ellittica, che nel punto di minima distanza si trova a una quota di 19000 km e nel suo punto di massima distanza si trova a circa 119000 km dalla Terra.

In questo modo, Salsa, Samba, Rumba e Tango entrano ed escono in continuazione dalla magnetosfera, avendo la possibilità di comprendere che cosa accade nella zona di passaggio tra la magnetosfera stessa e la magnetopausa, cioè quella “terra” di nessuno tra Sole e Terra in cui il campo magnetico terrestre e quello solare si equivalgono.

Ciascun satellite ha la stessa dotazione strumentale: e questo è un aspetto cruciale della missione, perché consentirà di avere una visione tridimensionale degli eventi osservati. Cluster studia il vento solare e l’onda d’urto provocata dal vento supersonico, la magnetopausa, le zone vicino ai poli magnetici terrestri, i fenomeni delle aurore boreali.

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