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Il Global Monitoring for the Environment and Security

27/05/2004 841 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Il bilancio provvisorio di giorni di piogge torrenziali ad Haiti e nella Repubblica Dominicana è di circa 2000 vittime, di cui oltre mille concentrati nella cittadina rurale di Mapou, nella quale gli interventi sono stati resi impossibili dalla mancanza di comunicazioni. Non era un’occasione per chiedere aiuto alla tecnologia satellitare?

In effetti è proprio per fare fronte a eventi come questi, nei quali intere cittadine o aree sono tagliate fuori dai canali di comunicazione consueti, che nel 2000 l’ESA, l’Agenzia spaziale francese (CNES) e quella canadese (CSA) hanno firmato un patto per l’utilizzo di dati e osservazioni satellitari in caso di disastri naturali e provocati dall’uomo: quasi immediata è stata l’adesione dell’agenzia spaziale statunitense NOAA e dell’agenzia spaziale indiana, a cui si è aggiunta nel 2003 l’agenzia spaziale argentina (CONAE). In tutto ci sono 8 satelliti che possono essere utilizzati a seconda dei casi.

Gli stati membri possono richiedere che uno o più satelliti vengano riprogrammati urgentemente per osservare le zone colpite dal disastro o di utilizzare al meglio le osservazioni archiviate, nel caso in cui nessun satellite stia sorvolando la zona.

Anche il Patto internazionale sui disastri sebbene sia nato atto tra un numero limitato di nazioni, trova applicazione su scala globale, perché l’ONU ha la possibilità di richiedere l’utilizzo delle tecnologie satellitari per ognuno dei paesi che vi aderiscono, come per esempio è successo con la Namibia, il 30 marzo 2004, o con la Bolivia in gennaio, solo per ricordare i paesi colpiti da inondazioni negli ultimi mesi.

Importo totale della colonna dell'ozono misurato da GOME
Importo totale della colonna dell'ozono misurato da GOME

Perché quindi non è stata attivata questa procedura?

La procedura viene attivata su richiesta e non mi risulta che ne siano giunte. L’idea di una rete globale che venga attivata in occasioni di emergenza, per quanto sia un’idea del tutto ovvia in un mondo come il nostro, trova poi diverse difficoltà nell’attuazione pratica, anche se non mancano i segnali di cambiamento in positivo: la Commissione Europea e l’ESA hanno avviato da qualche anno un programma congiunto per il monitoraggio ambientale su scala planetaria, il GMES, gestito autonomamente dall’Europa.

L’idea forte alla base del GMES è proprio quella di formare una rete internazionale che sia in grado di utilizzare i dati raccolti da satelliti addetti all’osservazione della Terra, da ricognizioni aeree e da stazioni di terra, come già accade da diversi decenni per l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, il World Weather Watch.

Per esempio, controllando non solo i disastri naturali, ma anche quelli direttamente provocati dall’uomo, come per esempio l’inquinamento della falde acquifere o la desertificazione amazzonica o di qualsiasi altro polmone verde a livello mondiale. Alla base di questo progetto risiede la convinzione che la scienza e le applicazioni tecnologiche possano fornire una base decisionale a livello politico per una gestione più saggia del nostro pianeta.

"Living Planet"
"Living Planet"

Stiamo vivendo un’epoca in cui le organizzazioni internazionali sembrano essere entrati in crisi. Anche in questo caso il progetto sembra molto interessante, ma quali passi concreti sono stati fatti?

È terminato il periodo iniziale del progetto e siamo entrati nel pieno del processo di implementazione.

A fine aprile si è riunito a Tokio un gruppo, il GEO, che rappresenta un network governativo di 47 paesi e circa 25 organizzazioni internazionali, che ha il compito di preparare un programma decennale per l’implementazione del piano, che dovrà essere presentato per l’approvazione il prossimo anno.

Fra quattro anni, entro il 2008, dovremmo avere una rete di sistemi funzionante ed affidabile.

La rete si occuperà anche della gestione del territorio: per esempio controllando le aree protette oppure le aree costiere, oppure controllando la germinazione delle coltivazioni per una migliore distribuzione delle risorse idriche. Le applicazioni sono davvero innumerevoli e diverse fra loro.

Tuttavia, prima che il progetto sia portato a compimento occorre che nei dati scientifici non ci siano lacune, cioè che ci sia una copertura effettivamente globale. In secondo luogo è necessario saper usare i dati in modo efficiente: cioè mettere a punto una serie di procedure di analisi, di archiviazione e così via; in terzo luogo occorre poter preparare sistemi di distribuzione dei prodotti, in modo che i dati siano facilmente interpretabili anche dai non esperti, dai politici.

Una collaborazione di questo genere è stata avviata anche con la Cina, che pure si sta rendendo responsabile di quello che secondo molti sarà un vero e proprio disastro ecologico: la costruzione della diga delle Tre Gole, sul fiume Yangtzé. Non è un controsenso?

Il punto è che il monitoraggio del territorio non è il segno di una particolare attenzione ambientale, ma una pura e semplice necessità. Se si leggono i report sui danni provocati dai disastri, naturali e non, si scopre che un anno di disastri costa in media 100 miliardi di euro.

Si capisce perfettamente come anche solo a livello finanziario sia conveniente tenere d’occhio il nostro pianeta e prevenire piuttosto che curare. Posto che esistano cure possibili.

Basti pensare, per rimanere in Italia, all’incremento di dei problemi respiratori nelle città, dovuti all’ozono atmosferico, alle polveri sottili, al biossido di azoto. Oppure alle meningiti epidemiche che accompagnano la desertificazione dei territori, specialmente in Africa. O anche la riduzione notevole di acqua potabile in molte parti del mondo a causa dell’inquinamento idrico.

Insomma, non si tratta di comporre una rete di intervento e gestione solo per ragioni morali, ma anche per motivi di ordine del tutto pratico, dai quali dipende direttamente la nostra sopravvivenza.

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