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Il lancio del super Meteosat

29/08/2002 740 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

A 25 anni del primo satellite per le previsioni del tempo, il Meteosat 1 e al termine di un’estate quantomeno capricciosa, arriva il lancio del nuovo satellite europeo per le previsioni del tempo, il primo Meteosat di Seconda Generazione.

Il Meteosat di nuova generazione nasce sulla scia del successo dei vecchi satelliti – il Meteosat 7, che verrà sostituito dal nuovo Meteosat continuerà a fornirci i dati almeno per altri 10-12 mesi. E ci sono molti aspetti in comune. Per il cittadino cambia tutto quel che deriva dal miglioramento delle prestazioni dei satelliti e dall’aumento delle conoscenze e della comprensione dei fenomeni fisici responsabili del tempo meteorologico.

Come il vecchio Meteosat, il nuovo satellite si muoverà su un’orbita geostazionaria. Visto dalla Terra apparirà fermo a una quota di 36 mila km, sopra l’intersezione fra il meridiano di Greenwich e l’equatore, sopra il Golfo di Guinea. Meteosat 7 fornisce un’immagine ogni 30 minuti, menre il nuovo meteosat ne fornirà una ogni 15 minuti: questo ci permette di seguire quei fenomeni atmosferici, in genere piuttosto violenti, che si sviluppano in breve tempo e che sono sempre stati molto difficili da prevedere.

Il nuovo Meteosat è in grado di distinguere due nuvole distanti fra loro 1 km; mentre il vecchio Meteosat non distingue nuvole distanti fra loro 2,5 km. Questo significa che è possibile avere un dettaglio temporale e spaziale molto maggiore: possiamo seguire con precisione, per esempio, le fasi iniziali della nascita di una copertura nuvolosa. E questo ci consentirà di capire meglio i processi che ne sono alla base. Il vecchio Meteosat osserva la Terra usando luce a tre frequenze diverse: 2 infrarossi e 1 visibile. Il nuovo Meteosat usa ben 12 frequenze: 9 infrarossi e 3 visibili. In questo modo è capace di misurare non solo il contenuto di vapor acqueo delle nubi, ma anche la quantità di ozono e di altri gas che hanno un ruolo nell’effetto serra. Uno dei canali, per esempio, ci permette di distinguere le nuvole che contengono soprattutto goccioline d’acqua da quelle costituite da un’alta percentuale di ghiaccio: in questo modo è possibile dare indicazioni sulla presenza di gelate, contribuendo alla sicurezza della circolazione stradale.

Alla raccolta dei dati per le previsioni del tempo contribuiscono anche circa 10000 stazioni di rilevamento sparse per il pianeta, a terra e in mare, oltre naturalmente ai rilevamenti attraverso palloni aerostatici. Quale è il contributo specifico dei satelliti?

Quel che i numeri non dicono è che questo spiegamento di forze copre solo il 20% della superficie del piaenta: negli oceani, per esempio, le stazioni di rilevamento non formano certo una rete fitta – sebbene gli oceani abbiano un impatto spaventoso sulla determinazione del clima terrestre. I dati satellitari sono complementari a quelli raccolti dalle stazioni di terra: ci permettono di “vedere” aree molto estese del pianeta e, per esempio, di osservare la copertura nuvolosa 24 ore su 24, controllandone l’evoluzione, misurando come varia la distribuzione del vapor acqueo nel corso del tempo.

Le condizioni meteorologiche sono inoltre influenzate anche da gas che sono presenti in piccole concentrazioni, come per esempio l’ozono, o anche da particelle di polvere sospese nell’atmosfera (aerosol), che il nuovo Meteosat può rilevare. Le polveri, per esempio, hanno un effetto positivo sulla formazione delle goccioline di acqua che formano le nubi, che si condensano inglobandole. Più in generale, le immagini del Meteosat possono essere utilizzate sia come “fotografie” della copertura nuvolosa, sia come nella costruzione di modelli teorici per le previsioni del tempo. Per esempio: a causa della rotazione terrestre, nel nostro emisfero, i venti circolano in senso orario in zone dette “anticicloni” mentre circolano in senso antiorario nei cicloni (“depressioni”). Confrontando immagini successive, si può capire il verso del loro movimento e dunque distinguere un anticiclone da una depressione.

Il momento del decollo
Il momento del decollo

Ma a che punto siamo, oggi, con la capacità di prevedere il tempo?

La situazione attuale è all’incirca questa: entro le 24 ore, le previsioni sono molto precise. Novanta volte su cento le previsioni si rivelano corrette (86% attendibilità); Anche a tre giorni l’attendibilità è circa dell’80%, dunque piuttosto elevata. Poi la bontà delle previsioni cala rapidamente: oltre la settimana non sono attendibili.

Le previsioni si rivelano di grande complessità perché molto complessi sono i fenomeni che determinano le condizioni meteo, che hanno luogo nella bassa atmosfera, cioè nella troposfera e nella bassa stratosfera. E tutto questo nonostante le circa 10000 stazioni di rilevamento meteo sparse per il pianeta, la copertura di buona parte della superficie del globo con una rete di satelliti e il miglioramento continuo nelle misure delle grandezze fisiche importanti per gli studi climatici e del tempo. Non bisogna confondere i dati e le immagini raccolte dal satellite con le previsioni vere e proprie: i primi sono “misure” di grandezze fisiche, come umidità, pressione, temperatura. Le previsioni sono invece risultati di modelli teorici, modelli numerici, che approssimano tutti i fenomeni reali e che simulano la realtà. I problemi risiedono soprattutto nella difficoltà di capire le interazioni atmosferiche e di rappresentarle in modo corretto nei modelli per le previsioni.

È in corso la conferenza di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile. Studi come quelli meteorologici possono dare un contributo anche per capire se e in che modo sta cambiando il clima del pianeta?

Certamente, ma il Meteosat da solo non basta. Le previsioni del tempo sono solo un aspetto del clima: le prime forniscono previsioni per fenomeni locali, come abbiamo visto, e di durata temporale molto limitata. Il clima invece si riferisce alle caratteristiche medie su lunghi intervalli di tempo. Esistono anche satelliti dedicati alle osservazioni degli aspetti più complessi del clima e dell’ecosistema terrestre, come per esempio ENVISAT, il satellite ambientale europeo. E ancor più che nel caso delle previsioni del tempo, anche gli studi teorici sul clima si basano su simulazioni al calcolatore. Attraverso un satellite come il Meteosat si raccolgono dati che aiutano a capire scientificamente i problemi relativi al tempo su piccola scala. Questi poi, analizzati al passare del tempo, sono fondamentali per analizzare anche il clima. Ma è chiaro che la conferenza di Johannesburg non si gioca solo sul piano scientifico, ma anche e purtroppo soprattutto sul piano politico.

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