L’impatto di SMART-1 sulla Luna
INTERVISTA 30-2006. Domenica 3 settembre, alle prime ore del mattino, la sonda dell’ESA SMART-1 pone fine alla sua missione di esplorazione lunare con un impatto sul nostro satellite. Che cosa ci aspettiamo che accada?
L’impatto è atteso per le 2.36 o per le 7.41 del mattino del 3 settembre, nella regione del Lago dell’Eccellenza, tra i 36.4º e 36.44º di latitudine sud e tra i 43.5º 46.25º di longitudine, a seconda dell’ora dell’impatto. È un’area vulcanica piatta, circondata però da colline piuttosto irregolari.
SMART-1 arriverà sulla superficie lunare con una velocità di circa 2 km al secondo, circa 7200 km orari. Se non viene fermato da una collina sul suo cammino, ci aspettiamo che la sonda plani sulla superficie lunare, abbassandosi di circa 15 metri percorrendo l’ultimo kilometro. In questo caso la velocità all’impatto sarebbe sui 70 kilometri orari e darebbe probabilmente origine a una scivolata che alzerebbe una nuvola di polvere, formando un cratere largo circa 3-10 metri e profondo circa un metro. Poca cosa, insomma, rispetto ai 100mila crateri lunari larghi oltre 4 kilometri che costellano la superficie della Luna. Ogni giorno, del resto, la superficie lunare è colpita da meteoriti che procurano lacerazioni simili a quelle di SMART-1.
Anche l’impatto con una sonda artificiale non è certo una novità: dall’inizio dell’era spaziale la Luna è stata sede di molti allunaggi di impattatori sovietiche o statunitensi molto più invasivi di quello della SMART-1. Mi pare, in definitiva, che si possa serenamente dire che una missione scientifica di questo genere ha di gran lunga più pregi che difetti.
Gli scienziati si aspettano che l’impatto possa dar luogo a un flash visibile anche dalla Terra. Potremo osservarlo dall’Italia?
Solo nel caso in cui SMART-1 trovi sul suo cammino una collina abbastanza alta da fermarne la corsa la sera del 2 settembre.
Se tutto va come previsto, però, sarà il continente americano ad essere privilegiato. In ogni caso le condizioni di illuminazione sono ottime: la Luna è visibile per un quarto e la zona di allunaggio si trova nella parte non illuminata, nei pressi del terminatore, la linea ideale che la separa dall’area lunare illuminata. Questo ci consente di osservare la zona con telescopi piuttosto potenti, con la speranza di individuare l’eventuale lampo dovuto all’urto. Successivamente potremmo osservare anche la nuvola di polvere innalzata nell’impatto, contando sulla debole luce solare riflessa dalla Terra e che illumina la zona oscurata della Luna. Se siamo fortunati potremo poi seguire la dinamica della nube, che potrebbe estendersi anche per 5 kilometri, oscurando la vista di parte della superficie, e ricavare ottenere dati fisici e mineralogici interessanti.
Le previsioni, occorre dirlo, non sono semplici in questo caso, a causa della radenza del volo della sonda e dalla velocità di impatto piuttosto bassa. La nuvola potrebbe essere alta anche oltre i 20 km e in questo caso potrebbe essere illuminata direttamente dal Sole.
Dopo l’impatto con la cometa Tempel-1 della sonda della NASA Deep Impact, ora tocca all’ESA mandare una delle sue sonde a sfracellarsi su un corpo del sistema solare. Che differenze ci sono rispetto alla missione statunitense?
La sonda Deep Impact della NASA era stata progettata con l’obiettivo di scavare un cratere d’impatto sulla cometa per studiarne la composizione chimica.
Nel caso di SMART-1 si può al più dire che l’impatto lunare è stato considerato il modo migliore per terminare la missione, che certo non era partita con questo scopo.
Quando SMART-1 ha raggiunto la sua orbita operativa, gli 84 kilogrammi di gas xenon disponibili al lancio si erano ridotti a 7, che non sarebbero comunque stati sufficienti per strappare la sonda alla gravità lunare. Farlo addirittura prima avrebbe significato la cancellazione dell’intero programma scientifico e non avrebbe avuto senso. Nel settembre 2005 si è quindi deciso di utilizzare il propellente residuo per prolungare la vita scientifica della sonda di un anno e negli ultimi mesi gli scienziati dell’ESA hanno fatto allora in modo che anche l’impatto finale potesse essere un’occasione ulteriore per studiare il nostro satellite.
Tra l’altro anche i materiali di cui è composta la sonda, dall’alluminio al ferro, dal carbonio all’azoto, all’idrogeno, sono tutti elementi che già sono presenti sul nostro satellite. Non si corre neppure il rischio di “contaminazione ambientale”.
Le riviste specializzate definiscono SMART-1 una missione rivoluzionaria, perché al di là dei dati scientifici raccolti sul nostro satellite, ha permesso di mettere alla prova una serie di tecniche spaziali futuristiche. Quali sono stati i maggiori risultati?
SMART è un acronimo che significa Small Mission for Advanced Research and Technology: si tratta cioè di una missione di dimensioni e costi ridotti che ha l’obiettivo di indagare la reale utilizzabilità di tecnologie avanzate per il futuro dell’esplorazione scientifica dell’universo.
Nel caso di SMART-1 la tecnologia principale riguardava il meccanismo di propulsione: per la prima volta si è usata una propulsione solare/ionica, combinata con opportuni assist gravitazionali, cioè passaggi ravvicinati a un pianeta, la Terra per SMART-1. Questa stessa tecnica propulsiva sarà utilizzata dall’ESA per la missione BepiColombo, che è in programma per i prossimi anni e che, dopo un viaggio interplanetario, studierà Mercurio, il pianeta più vicino al Sole che fino a oggi è stato ignorato dall’esplorazione spaziale. Accanto a questo, SMART-1 ci ha permesso di testare anche nuove tecniche di telecomunicazione, di navigazione autonoma e di miniaturizzazione di strumenti scientifici: tutti aspetti che sono centrali per il progresso delle nostre capacità esplorative.
Nota:
Le interviste
Dal maggio 2000, con cadenza settimanale, RAI NEWS 24 - canale televisivo digitale della RAI dedicato all'aggiornamento in tempo reale - riserva all'ESA uno spazio di approfondimento di 5 minuti: un'intervista su una notizia di attualità legata alle attività nello spazio.
I servizi vengono ritrasmessi ulteriormente su RAI International e RAI 3. Si va dagli approfondimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, alle scoperte scientifiche dei satelliti dedicati all'astronomia, alle applicazioni concrete legate alle osservazioni della Terra dallo spazio.
I giornalisti della Rai, Lorenzo di Las Plassas e Stefano Masi, si alternano nel discutere con il rappresentante dell'ESA, Stefano Sandrelli, per dare un'idea dell'argomento e per approfondirne un aspetto, in modo che, leggendo di seguito le interviste relative a uno stesso settore se ne abbia uno spaccato sempre più ampio, venendo a conoscenza di cose sempre nuove.
Per ulteriori informazioni, rivolgersi a: Simonetta.Cheli@esa.int.