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Foto aerea delle faglie che si sono formate nel mese di settembre del 2005
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La terra si deforma sotto gli occhi di Envisat

18/08/2006 623 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

INTERVISTA 28-2006. Un nuovo oceano che separa Eritrea ed Etiopia dal resto del continente africano: è questo il possibile destino che emerge dalle osservazioni del satellite dell’ESA Envisat, che ha identificato una spaccatura di ben 8 metri che si è aperta nel giro di poche settimane. A che cosa è dovuto questo fenomeno?

Envisat ha identificato uno strappo nel deserto dell’Afar, lungo circa 60 kilometri e largo circa 8 metri che si è prodotto in appena 3 settimane.

Il deserto dell’Afar si trova all’estremo sud del Mar Rosso, non lontano dal luogo dove è stata ritrovata Lucy, il celebre esemplare di Australopithecus afarensis vissuto 3-4 milioni di anni fa, ed è parte della East African Rift, la parte orientale della Great Rift Valley. Si tratta di una valle tettonica che si estende dalla Siria del nord al Mozambico, fino all’Asia sud occidentale. È il risultato della separazione tra la placca tettonica africana e quella arabica, che hanno iniziato a distaccarsi circa 35 milioni di anni fa, fessurandosi dal nord verso sud.

Colpisce naturalmente la velocità con cui il fenomeno si è prodotto: in genere quando parliamo di separazioni fra placche si fanno i conti con velocità di pochi centimetri all’anno, più o meno la velocità di crescita di un’unghia. Nel caso di cui stiamo parlando ha operato un meccanismo diverso, più violento.

Nella depressione dell’Afar si congiungono infatti tre placche tettoniche ed è una zona vulcanicamente molto attiva: è stata appunto la risalita del magma, che inserendosi in fessure esistenti, le ha allargate velocemente. È la prima volta che abbiamo l’occasione di vedere questo meccanismo al lavoro, che crediamo sia stato la causa anche della formazione dello stesso Mar Rosso. Ed è proprio questo che ha fatto scrivere sulla stampa che sta per nascere un nuovo Mar Rosso.

Una imagine 3D della spaccatura, basata sui dati di Envisat
Una imagine 3D della spaccatura, basata sui dati di Envisat

Recentemente alcuni media hanno ripreso anche la notizie che il campo gravitazionale terrestre si è modificato a causa del terremoto che ha provocato lo tsunami del 2004: la Terra cambia sotto gli occhi dei satelliti, insomma.

Per certi aspetti sì, anche se naturalmente i tempi alcuni fenomeni sono velocissimi, altri richiedono tempi geologici.

Nel caso a cui ti riferisci, si tratta di piccolissime variazioni locali, misurabili da satellite, dovute alla redistribuzione delle masse del fondale oceanico. Studi di questo genere avranno un considerevole sviluppo quando il prossimo anno l’ESA lancerà GOCE, un satellite che ha lo scopo di fornire una mappa globale del campo gravitazionale terrestre con un’accuratezza e risoluzione spaziale senza precedenti.

A scoperte di questo genere, si deve aggiungere poi che oggi - grazie alla tecnologia satellitare - abbiamo la possibilità di fornire non solo previsioni meteo, ma anche di qualità dell’aria, dell’indice di UV e così via.

Oltre che dal punto di vista pratico, tutto questo ha implicazioni anche filosofiche: se fino a una trentina di anni fa il Pianeta Vivente appariva una metafora, grazie ai satelliti oggi vediamo la Terra modificarsi giorno dopo giorno - con i suoi ritmi, ma anche con i ritmi che l’uomo le impone.

Imagine Envisat WSM/IM InSAR di Bam
Imagine Envisat WSM/IM InSAR di Bam

Per tornare a casi concreti, quanto è possibile prevedere il comportamento dei vulcani o l’insorgere di terremoti?

La tecnica dell’interferometria radar, che si è sviluppata da qualche anno, oggi ci permette di identificare spostamenti verticali del terreno di frazioni di millimetro ed è quindi uno strumento molto potente per controllare i vulcani, le subsidenze e, in generale, i movimenti della crosta terrestre.

E poiché un satellite ha la possibilità di coprire con una sola osservazione zone piuttosto ampie, i dati ci offrono una visione d’insieme che diversamente sarebbe impossibile da avere.

Da qui alla previsione dei terremoti, però, il passo è piuttosto lungo per vari motivi. In primo luogo i satelliti non sono meccanismi automatici di allarme, perché i dati raccolti devono essere analizzati e questo richiede un po’ di tempo.

Inoltre un preallarme è possibile solo per quelle zone già note per essere a rischio e per le quali sono stati predisposti specifici programmi di osservazioni. Gli eventi improvvisi e in luoghi imprevisti possono essere seguiti solo a posteriori, per l’analisi scientifica del fenomeno e per la gestione dell’emergenza.

In conclusione, per le previsioni vere e proprie i satelliti - allo stato attuale - sono utili soprattutto come complemento ai rilievi sul territorio.

Cambiamenti stagionali nei livelli d'acqua del lago Poyang
Cambiamenti stagionali nei livelli d'acqua del lago Poyang

Un altro interessante settore in cui i satelliti contribuiscono è la gestione delle risorse e anche questa estate, da più parti è stata denunciata una carenza di acqua, specialmente per le coltivazioni. Quale è la situazione dallo spazio?

Il problema della carenza idrica è molto complesso, perché sotto questa definizione – che immediatamente fa pensare a una diminuzione di piogge – si nascondono, com’è noto, problemi di gestione dei bacini idrici e di distribuzione. I geologi e meteorologi ci assicurano che, a parte casi molto specifici, in media le precipitazioni sono state in linea con il passato.

Per tornare al segmento spaziale, la Commissione Europea e l’ESA stanno sviluppando una serie di satelliti per il monitoraggio globale dell’ambiente. Sono satelliti di servizio, che nascono per rispondere in tempo reale a richieste specifiche, come la domanda che mi hai fatto. Alla base di ciascun progetto a cui è stato dato il via libera ci siamo chiesti quali dati, presentati in quale modo, con quali tempi, sono utili ai potenziali utenti del satellite. Nei prossimi anni raccoglieremo i frutti di questi sforzi.

Nota:

Le interviste

Dal maggio 2000, con cadenza settimanale, RAI NEWS 24 - canale televisivo digitale della RAI dedicato all'aggiornamento in tempo reale - riserva all'ESA uno spazio di approfondimento di 5 minuti: un'intervista su una notizia di attualità legata alle attività nello spazio.

I servizi vengono ritrasmessi ulteriormente su RAI International e RAI 3. Si va dagli approfondimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, alle scoperte scientifiche dei satelliti dedicati all'astronomia, alle applicazioni concrete legate alle osservazioni della Terra dallo spazio.

Il giornalista della Rai, Lorenzo di Las Plassas, passa cinque minuti con il rappresentante dell'ESA, Stefano Sandrelli, per dare un'idea dell'argomento e per approfondirne un aspetto, in modo che, leggendo di seguito le interviste relative a uno stesso settore se ne abbia uno spaccato sempre più ampio, venendo a conoscenza di cose sempre nuove.

Per ulteriori informazioni, rivolgersi a: Simonetta.Cheli@esa.int.

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