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Integral risolve dopo trent’anni il mistero dei raggi gamma nella Via Lattea
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Integral e il mistero dei raggi gamma

01/04/2004 666 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Osservare il cielo attraverso telescopi orbitanti sta cambiando la nostra visione dell’universo. Un esempio sono i nuovi mostri del cielo identificati del telescopio europeo Integral. Che cosa è Integral e che cosa ha scoperto?

Integral è il primo telescopio spaziale in grado di osservare il cielo contemporaneamente nei raggi gamma, nei raggi X e nella luce visibile.

Qualche mese fa ha identificato una sorgente di raggi gamma piuttosto peculiare. È un oggetto che appartiene certamente alla nostra Galassia, ma che non ha caratteristiche che ci permettano di catalogarlo fra i corpi celesti noti.

L’ipotesi è che si tratti di una sistema formato da due stelle che orbitano una intorno all’altra: una prima stella molto luminosa, che emette un vento stellare intenso, e un buco nero o una stella di neutroni. Il gas perso dalla prima stella è catturato dal buco nero, e nel processo di caduta emette grandi quantità di luce, che vanno dall’infrarosso alla luce visibile, fino ai raggi X e ai raggi gamma.

Ciò che rende "mostro", degno di meraviglia, il nuovo corpo celeste è che non è identificabile se non nei raggi gamma e nei raggi X: tutta la restante radiazione meno energetica viene assorbita da un guscio di gas molto spesso. Per dare un’idea delle dimensioni, si tratta probabilmente di un buco nero o di una stella di neutroni di qualche km, protetta da un guscio di gas che si estende per un centinaio di milioni di km.

Integral
Integral

E questo si lega a un altro mistero, che gli astronomi europei stanno risolvendo risolvendo in questi giorni grazie a Integral: l’origine della radiazione gamma diffusa nella nostra Galassia. Che cosa è questa radiazione diffusa?

Da oltre trent’anni si sapeva che la nostra galassia è immersa in una luminosità diffusa di raggi gamma, senza conoscerne la sorgente. L’ipotesi più plausibile era che si trattasse di raggi gamma emessi dal gas interstellare, anch’esso diffuso nella nostra Galassia.

Tuttavia se si provava a calcolare, a partire dalla fisica che conosciamo, l’energia e la quantità di raggi gamma che avrebbe dovuto emettere il gas interstellare si ricavava un risultato che era in contrasto con quanto si poteva osservare con i telescopi spaziali.

Integral ha modificato l’ipotesi dominante: osservando verso il centro della Galassia è riuscito a identificare una per una oltre cento sorgenti individuali di raggi gamma, oggetti cioè di origine stellare che sono responsabili della luminosità gamma diffusa nella zona centrale della Via Lattea.

Ma non è solo questo: tra le sorgenti individuali osservate da Integral, molte appaiono non classificabili in alcuna delle categorie dei corpi celesti noti.

Il risultato va confermato, ma si potrebbe trattare di sistemi come quelli che abbiamo appena descritto

Il telescopio spaziale dell'ESA Integral che identifica raggi gamma nell' Large Space Simulator
Il telescopio spaziale dell'ESA Integral che identifica raggi gamma nell' Large Space Simulator

Ma una scoperta così cambia molto la nostra comprensione della Galassia?

L’identificazione delle sorgenti individuali, come dicevo, al momento è limitata al centro della Galassia. Se venisse estesa all’intera Via Lattea, certamente rimuoverebbe quella incoerenza fra osservazione e previsione teorica.

Significherebbe, per esempio, che abbiamo capito un po’ meglio il comportamento del gas diffuso fra le stelle.

Inoltre, se viene confermata la natura di queste sorgenti, riconoscendo che sono simili a quella identificata in ottobre, significherebbe che Integral ha sollevato una nebbia di raggi gamma, scoprendo una nuova popolazione di corpi celesti.

E questo non è una curiosità zoologica fine a se stessa: quando si scopre un “mostro” del cielo, è fondamentale cercare di capire quanto questi fenomeni sono comuni: se si tratta, cioè di fenomeni comuni, che ci rivelano meccanismi universali che possiamo aspettarci ovunque, oppure molto specifici e caratteristici.

Lo stesso problema della vita sulla Terra rientra in questa tipologia: siamo dei mostri, degli eventi unici nell’universo, oppure siamo un fenomeno comune.

Se ci accontentiamo di una formula, si potrebbe dire che i satelliti spaziali hanno aperto nuove finestre dalle quali si vede un cielo diverso e, attraverso di esso, impariamo a vedere in modo diverso noi stessi.

Spettro elettromagnetico
Spettro elettromagnetico

In Integral c’è anche un forte contributo italiano. Responsabile scientifico dello strumento principale, IBIS, è Pietro Ubertini, dell’Istituto di Astrofisica Spaziale di Roma. Come sta l’Italia in questo settore?

L’Italia ha dato un contributo scientifico enorme all’astronomia moderna, grazie ai lavori pionieristici nel corso degli anni ’60 di Bruno Rossi, Giuseppe Occhialini e Riccardo Giacconi, a cui è stato conferito il premio Nobel per la fisica nel 2002 proprio per la nascita dell’Astronomia X.

Più recentemente il telescopio italo-olandese BeppoSaX, sviluppato dall’ASI, ha regalato alla comunità internazionale i primi indizi per risolvere un altro degli interrogativi che l’astronomia a raggi gamma sta ponendo in questi trent’anni: l’origine dei lampi di raggi gamma. E molti italiani partecipano ai massimi livelli alle missioni dell’Agenzia Spaziale Europea, come nel caso di Umbertini.

Insomma anche oggi siamo competitivi a livello mondiali, grazie al fatto che le nostre università sfornano giovani ricercatori molto preparati. Che però, come ben sappiamo, hanno poi enormi problemi per affermarsi in Italia: la stessa carriera di Riccardo Giacconi si è svolta principalmente all’estero. E oggi è cittadino americano.

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