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Tutti gli uomini a bordo della ISS durante una "telefonata" a Terra
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Odissea nello spazio

07/11/2002 994 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Dalla base russa di Baikonour, il 30 ottobre è partita la missione Odissea che ha portato sulla Stazione Spaziale Internazionale un equipaggio di due cosmonauti russi e un astronauta europeo, il belga Frank De Winne.

DeWinne è responsabile dei sistemi di bordo della navicella Soyuz sulla quale è condotta la missione, così come lo era stato l'astronauta italiano Vittori nell'aprile scorso. La navicella dovrà sostituire la capsula Soyuz ancorata alla stazione spaziale da ormai 6 mesi. È previsto che l'equipaggio in arrivo rimanga per 8 giorni sulla stazione, poi la ripartenza con il vecchio Soyuz, che sarà riportato a Terra per la necessaria manutenzione dopo 6 mesi in orbita. L'atterraggio è previsto per domenica 10 novembre, alle 00:03 UT.

Dopo un paio di giorni di volo, durante i quali la navicella russa è andata "a caccia" della Stazione spaziale, finalmente l'11 novembre il Soyuz è attraccato senza problemi al portellone della "casa orbitante". Qualche ora dopo l'attracco De Winne è potuto entrare all'interno della Stazione Spaziale, dove certamente ha trovato una comodità ben diversa da quella del Soyuz russo. Chiaramente un volo spaziale non è un'occasione che si possa perdere e la Soyuz di Dewinne è stata letteralmente imbottita di esperimenti, ben 18, che vanno dalla fisica della combustione alla medicina, alla neurologia, alla fisiologia, alla biologia, all'osservazione della Terra, che fa sempre parte delle attività preferite dagli astronauti, perché ha un valore che va al di là della scienza, com'è semplice intuire. Del resto, dopo il volo, ogni astronauta ricorda sempre con molta partecipazione l'apparente fragilità del nostro pianeta visto dall'orbita della Stazione Spaziale. Per condurre alcuni degli esperimenti previsti, De Winne - che si autodefinisce "l'estensione degli scienziati sulla Stazione Spaziale" - utilizzerà l'"armadio scientifico" europeo, il Glovebox che è stato installato nel laboratorio statunitense Destiny e di cui abbiamo avuto varie volte modo di parlare.

Fra l'altro DeWinne partecipa alla prima missione di un nuovo modello del Soyuz russo, il Soyuz TMA, come viene chiamato. Questo ha aumentato i problemi incontrati da De Winne?

Senz'altro la missione non è delle più facili. In realtà per quanto riguarda la versione del Soyuz, i russi sono stati molto coerenti con quanto hanno sempre fatto e anche questa volta ci sono andati con i piedi di piombo. Ma anche così facendo rimane il fatto che ci sono nuovi computer di bordo, nuovo software. È cambiata anche l'interfaccia fra gli strumenti di guida e gli astronauti, ma gli strumenti sono rimasti esattamente gli stessi, con lo stesso livello di affidabilità orami lungamente sperimentato: i Soyuz sono navicelle che hanno ormai centinaia di missioni "sulle spalle", per così dire. Come piccola complicazione ulteriore cito il fatto che a bordo della Soyuz russa, il nostro astronauta si trova in compagni di due russi e il russo è la lingua ufficiale, così come in russo sono scritti tutti i documenti che descrivono il funzionamento della capsula. Dunque è senz'altro un motivo di tensione e di impegno in più. Sulla Stazione spaziale, poi, la conversazione è degna della torre di Babele, con alcuni dialoghi intessuti in inglese, altri in russo. Gli astronauti sono chiamati a risolvere anche questi problemi, ma questo fa parte della bellezza di imprese internazionali di questo tipo.

Frank De Winne lavora al Microgravity Science Glovebox
Frank De Winne lavora al Microgravity Science Glovebox

Nel giro di qualche settimana, in ottobre, ci sono stati ben tre lanci spaziali da basi russe: uno, fallito, dalla base di Plesetsk, vicino Mosca, e due dalla base di Baiknour, in Kazakhstan. E tutti i lanci riguardavano attività della Agenzia Spaziale Europea. Che fine ha fatto la base di lancio europea di Kourou, nella Guyana Francese?

La base di Kourou è pienamente attiva, i lanci proseguono a un ritmo regolare, come del resto da diversi anni a questa parte. Ma il fatto che un'agenzia spaziale possieda una sua base di lancio non significa che tutti i satelliti o tutti i voli debbano o possano essere fatti da quella base. Anzi, stiamo andando verso una vero e proprio mercato di lanciatori, ciascuno lanciato da una specifica base, che possono essere scelti a seconda del costo e delle sicurezza che offrono. Dunque, a seconda del particolare lancio, può convenire usare altre basi, come appunto quelle russe.

L'ESA e l'ente spaziale russo hanno stretto accordi scientifici e commerciali che, nel corso di questo ottobre, ha portato a una serie notevole di lanci. Il lancio dalla base di Plesetsk, purtroppo, ha provocato non solo la perdita del carico scientifico della missione, ma anche diversi feriti e un morto. Questo è accaduto, ma è sbagliato fare valutazioni grossolane e imputare il fallimento a un pregiudizio nei confronti delle attrezzature russe. Dalla base di Plesetsk, dal 1966 al 1996, sono partiti oltre 2000 satelliti in 1862 lanci, con una percentuale di fallimento intorno all'1,6%. In pratica ci sono stati problemi solo in 3 lanci ogni 200. Ma questa media risente anche della tecnologia degli anni '60, molto poco sperimentata e soggetta a rischi molto maggiori di quelli di oggi.

La base di Baikonour, da cui è partito il 17 ottobre il satellite per l'astronomia gamma, e il 30 ottobre la missione Odissea per la stazione spaziale, oltre ad essere la più estesa base di lancio al mondo, con dozzine di rampe attive, è la base spaziale che ha fatto la storia della conquista dello spazio: da qui, da questa radura semidesertica che oggi è inclusa nel Kazakhstan, è stato messo in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957 e qualche anno più tardi, sempre da qui è partito il primo uomo che abbia mai sperimentato lo spazio: Yuri Gagarin. E negli anni successivi la base è stata attiva come il centro del piano spaziale russo, un piano ultra segreto, che ha giocato un ruolo fondamentale nel corso della guerra fredda.

I lanci russi costano relativamente poco, e dunque è stato conveniente per l'ESA sceglierli per molte missioni europee. Ma non può essere solo una questione di soldi.: ci sono anche ragioni che dipendono dagli obiettivi della missione. Come si sceglie una base da cui lanciare in orbita un satellite?

Come sai esistono diversi tipi di orbita: per esempio esistono orbite "quasi polari", percorrendo le quali i satelliti si trovano a sorvolare il polo nord e il polo sud. È il caso dei satelliti che osservano la terra, come Envisat. Ma ci sono anche orbite che si trovano lungo lo stesso piano dell'equatore, le orbite equatoriali, che vengono utilizzate dai satelliti geostazionari, come i satellitei della serie Meteosat, per le previsioni del tempo, oppure il satellite per telecomunicazionoi Artemis. Lungo quest'orbita i satelliti ruotano intorno alla Terra con lo stesso periodo della rotazione terrestre. In pratica rimangono fermi rispetto alla Terra stessa.

L'inclinazione di un'orbita viene scelta in base allo scopo della missione e, di conseguenza, anche la base da cui far partire la missione stessa. Infatti l'inclinazione del piano di un'orbita in cui viene immesso inizialmente un satellite non può essere inferiore alla latitudine della base di partenza. Per esempio la base di Kourou si trova a soli 5 gradi di latitudine a nord dell'equatore. Per esempio, se un lanciatore parte da Kourou potrà mettere in orbita satelliti che si muovono lungo traiettorie che sono inclinate rispetto all'equatore non meno di 5°. È un'orbita dalla quale, con poche manovre, il satellite può trasferirsi su un'orbita geostazionaria. Se invece un lanciatore parte dalla base di Plesetsk, vicino a Mosca, che si trova a 62,8° di latitudine nord, allora l'orbita su cui sarà posizionato il satellite dovrà essere molto inclinata rispetto all'equatore: almeno 63°.

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