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Artemis: Una comunicazione veloce

08/02/2001 742 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

L’inondazione in Salvador, il terremoto in India di cui si è parlato a lungo in questi giorni, riportano alla ribalta la necessità di prevedere questi fenomeni e di intervenire in tempi rapidi per prestare i primi soccorsi e per preparare il campo a successivi interventi. Che genere di aiuto può arrivare dallo spazio in casi come questi?

In situazioni di questo genere può essere molto importante la velocità con cui si interviene nella zona. Occorre predisporre un piano di intervento e per farlo nel miglior modo possibile è necessario avere informazioni corrette sulla viabilità: quali strade sono percorribili, quale sia il tragitto più rapido per andare da un posto all’altro.

Tutto questo significa essere in grado o meno di mettere al sicuro le persone, di salvare vite umane. Possiamo avvalerci, in un primo momento, delle immagini ottenute da satelliti pensati proprio per l’osservazione della Terra, come il satellite dell’ESA ERS2, oppure il suo successore ENVISAT, il cui lancio è previsto nel corso dell’anno.

Satelliti di questo genere orbitano intorno alla Terra a una quota modesta, circa 400 km, percorrendo un’orbita detta “orbita bassa”, in circa 90 minuti. Il problema è che non sono in comunicazione diretta con molte stazioni a Terra contemporaneamente. Spesso capita che i satelliti devono immagazzinare i dati ottenuti e ritardare la spedizione a Terra, finché le stazioni non sono in vista. Questi ritardi possono comportare un rallentamento dell’azione di intervento.

Quindi occorre, in un certo senso, velocizzare la trasmissione dei dati raccolti...

Certo, e per farlo uno dei modi è quello sperimentato da Artemis, un satellite europeo per telecomunicazioni che sarà messo in orbita da un Ariane 5 nel corso della prossima estate dalla base dell’ESA di Kourou, nella Guyana Francese.

Artemis, che è costruito da un consorzio industriale guidato dall’Alenia Spazio, sarà un satellite geostazionario, che si manterrà lungo un meridiano a circa 20 gradi di longitudine est.

Un satellite geostazionario si trova a una quota molto elevata, 36 000 km. Da questa distanza la Terra appare grande circa quanto il palmo di una mano aperta quando il braccio è completamente disteso. Quindi un satellite geostazionario “vede” una zona di Terra molto più estesa di un satellite in orbita bassa.

Dal punto di vista pratico, questo significa che un satellite geostazionario ha la possibilità di contattare direttamente un gran numero di stazioni di Terra, senza dover immagazzinare i dati come un satellite in orbita bassa. Come sfruttare questa capacità?

Supponiamo che il satellite francese SPOT-4, per esempio, abbia raccolto dati su una regione alluvionata. Invece di aspettare che la stazione a terra entri nel suo campo visivo, SPOT–4 potrebbe mandare direttamente ad Artemis i dati raccolti. E questo grazie a una tecnica di trasmissione dati che non si affida allo scambio di onde radio, come si fa di solito, ma allo scambio di impulsi laser di luce visibile. Sarà poi Artemis a funzionare da ripetitore e ad inviare a Terra i dati stessi. Il risparmio di tempo, in casi come questi, può essere davvero importante.

 

Artemis communicating with a low orbit satellite
Artemis communicating with a low orbit satellite

Con Artemis in orbita, che cosa potrebbe cambiare per il cittadino?

Artemis, che fra l'altro sperimenta anche un sistema europeo di propulsione ionica, una volta in orbita avrà parecchio lavoro da svolgere. Intanto contribuirà in modo sostanziale allo sviluppo della comunicazione diretta fra due satelliti, come nel caso a cui ho appena accennato, con i vantaggi che abbiamo visto. Inoltre permetterà la comunicazione fra telefonini, per esempio, anche a distanze molto grandi fra loro, superando uno dei problemi classici della telefonia cellulare.

La telefonia cellulare, infatti, prende questo nome proprio per il fatto che il territorio su cui è attivo il servizio viene diviso in celle, ciascuna delle quali “governata” da una centrale di ricezione e trasmissione delle chiamate. Quando si passa da una cella all’altra, il controllo del telefonino passa da una stazione all’altra. I problemi di questo meccanismo sono noti a tutti: una copertura a volte insoddisfacente del territorio, la frequente caduta della linea telefonica, le interferenze e così via.

Tra gli scopi del lancio di Artemis, c’è anche quello di consentire a due telefonini di parlarsi direttamente, senza dover contare su una centrale terrestre, ma utilizzando solo il servizio satellitare.

Quindi sono satelliti come Artemis che potrebbero giocare un ruolo importante per la telefonia mobile di prossima generazione, come per esempio l'UTMS?

Sì, nel senso che dicevo prima: grande copertura sulla superficie terrestre, grande velocità di trasferimento di dati, capacità di trasferire enormi moti di dati, come quelli che servono per immagini, audio e così via.

Le applicazioni possibili sono veramente molte. Pensiamo per esempio, a quelle zone che sono temporaneamente isolate: quante volte abbiamo sentito dire che un paese è isolato a causa di un'inondazione, quest'anno? Oppure che certe comunità sono irraggiungibili. Eppure quelle comunità hanno bisogno di servizi, di cure tanto quanto altre. In questi casi, una comunicazione basata sulla tecnologia satellitare può dare senza dubbio una mano, potendo realizzare videoconferenze, per esempio, che potrebbero essere utilizzate per visite mediche a distanza.

Artemis garantisce i suoi servizi a tutto il mediterraneo, al mare del nord, alle zone nodìovest dell’oceano atlantico, al nord Africa, al medio oriente. Si pensi all’utilità di avere un servizio di questo tipo durante la navigazione.

Artemis fa parte anche del progetto EGNOS, la prima fase del programma europeo per la navigazione guidata da satellite, di cui abbiamo parlato altre volte.

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