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La notte di San Lorenzo della Mir

22/03/2001 2911 views 2 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Tra poche ore la Mir, la storica stazione spaziale russa lanciata il 20 febbraio del 1986, sarà fatta disintegrare nell'atmosfera. Con le sue 135 tonnellate la Mir è il più grande satellite artificiale che viene fatto rientrare in atmosfera. E gli scienziati prevedono che circa 20 tonnellate di frammenti raggiungeranno la superficie terrestre. Ci sono pericoli?

Il rischio che ognuno di noi corre di essere ferito da un frammento della Mir è molto più piccolo di quello che corriamo in una qualsiasi giornata lavorativa. Attraversare la strada, guidare, accendere un interruttore: è molto più probabile farsi del male in una qualsiasi di queste azioni che ricevere un danno (di qualsiasi tipo) dal rientro della Mir.

Ci sono due motivi per cui si può stare tranquilli. Il primo, e più importante, è che il rientro della Mir è stato programmato a lungo dalle autorità russe e sarà guidato da Terra, almeno fino a quando la stazione non entrerà negli strati più densi dell'atmosfera, dove brucerà in gran parte. Inoltre i frammenti che raggiungeranno la Terra cadranno nell'oceano Pacifico, il cosiddetto cimitero spaziale, compreso fra le coste dell'Australia e il Sud America, a circa 1000 km dalle coste della Nuova Zelanda, sparpagliandosi in un'area lunga 3-4000 km e larga 200 km. Sono state fatte oltre 50 000 simulazioni per prevedere l'area d'impatto e nessuna di esse ha previsto danni a cose o a persone.

Ma c'è anche un altro motivo per cui si può stare tranquilli: la gran parte della superficie terrestre è occupata dai mari oppure non è abitata. È successo spesso, negli ultimi 40 anni che dei satelliti ricadessero sulla Terra in modo incontrollato. E non sono mai stati riportati danni alle persone. Spesso, questi frammenti sono finiti in montagne o deserti e mai più ritrovati.

Come avverrà il rientro?

La Mir dovrebbe rientrare nell'atmosfera intorno alle 7 di mattina, ora italiana. Attualmente orbita a un'altezza di circa 220-215 km. In gennaio la Mir è stata raggiunta da un Progress, una navetta automatica per il rifornimento, che in questo caso verrà utilizzata per frenare la stazione spaziale, provocandone prima l'abbassamento di quota e infine il rientro.

All'una e 33 di giovedì notte, i motori del Progress si accenderanno per la prima volta. E freneranno la stazione. Poi la frenata sarà ripetuta alle 3, nel corso dell'orbita successiva. Nel giro di qualche orbita la Mir sarà caduta a una quota di soli 85 km sulla superficie terrestre. Quando la Mir sarà a portata degli strati più densi dell'atmosfera, le 6 di mattina di venerdì, i motori del Progress daranno il colpo decisivo, frenando per l'ultima volta. In quel momento la Mir sarà sopra l'Africa: l'operazione è pensata in modo che gli elementi della Mir che non saranno bruciati nell'atmosfera cadano nell'oceano Pacifico, lontano dalle zone abitate.

Mir re-entry path
Mir re-entry path

Che cosa accadrebbe se il Progress non rallentasse a sufficienza la corsa della Mir?

In questo caso la Mir cadrebbe più vicino alle coste dell'America Meridionale: in questo caso i frammenti potrebbero lambire l'estremo sud del continente americano. Tuttavia bisogna sottolineare che la manovrà in sé non è particolarmente complessa: si tratta di accendere e spegnere i motori del Progress nei momenti giusti. E il Progress ha dimostrato di essere un veicolo estremamente affidabile. Inoltre i margini di errore che sono satti considerati nella stima della superficie di rientro dei frammente sono sufficientemente ampi da metterci al riparo da preoccupazioni particolari.

Ma in che modo l'atmosfera frena la Mir e la fa bruciare?

La Mir, cosi come la Stazione Spaziale internazionale, sono stazioni che orbitano a una quota media di circa 400 km, al di sopra della ionosfera, lo strato più alto dell'atmosfera terrestre. Contrariamente a quanto si crede, però, neanche a quell'altezza c'è il vuoto. Ci sono invece moltissime particelle di gas ionizzato che urtano continuamente contro una stazione spaziale.

È come se un elefante fosse continuamente tempestato di urti da parte di palline da ping pong. Nessuno di questi urti è sufficiente in se a frenare la stazione spaziale, o l'elefante nel nostro esempio, ma dopo mesi di questo trattamento la stazione spaziale ha perso parte della sua velocità e dunque parte della quota. Per questo motivo occorrono delle correzioni all'orbita anche sulla Stazione Spaziale Internazionale.

Durante la fase di rientro, accade un fenomeno analogo, spinto alle estreme conseguenze: la Mir attraversa strati sempre più densi di atmosfera, e subisce un numero di urti sempre maggiore. In questo modo la sua superficie tende a scaldarsi, così come si scalda una superficie di metallo che viene insistentemente colpita con un martello, per esempio.

Negli strati più densi dell'atmosfera, nella mesosfera e nella stratosfera, l'attrito svilupperà una temperatura di oltre 1500 gradi, sufficienti a far vaporizzare circa l'80% delle 135 tonnellate della Mir, cioè tutte quelle parti costituite di alluminio e leghe leggere. L 'atmosfera ha anche un altro ruolo importante: quello di frenare la velocità di caduta. Un po' come accade con i paracadute. Se non l'aria non esercitasse questa azione frenante, la velocità con cui anche semplicemente una gocciolina d'acqua cadrebbe al suolo sarebbe enorme. Grazie a questo effetto la velocità d'impatto dei frammenti di Mir al suolo sarà contenuta in 200-1000 m/s.

Quale è il coinvolgimento dell'ESA in questa operazione?

In gennaio l' Agenzia Spaziale Russa ha chiesto la collaborazione dell'ESA durante le fasi cruciali del rientro della MIR. Un gruppo di lavoro dedicato che segue il rientro della Mir e fa circolare le informazioni agli stati membri durante le fasi preparatorie e soprattutto duranti le fasi critiche. L 'ESA darà una mano alla Russia anche raccogliendo i dati durante la fase calda dell'operazione attraverso un radar che appartiene la Ministero della Difesa della Germania.

C'è anche un motivo storico per il quale la Mir è stata importante per l'Europa. A seguito di vari accordi di cooperazione tra ESA e Agenzia Spaziale russa hanno permesso di portare sulla Mir 1l astronauti europei dal 1991 a oggi. In questo modo 1'Europa ha guadagnato esperienza nella permanenza umana nello spazio in maniera diretta. Un'occasione che, altrimenti, le sarebbe stata preclusa.

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