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La prima immagine di Envisat: la penisola antartica (ASAR)
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Envisat: il primo check up della Terra

28/03/2002 464 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Envisat il satellite che l'ESA ha costruito per controllare lo stato di salute del nostro pianeta è stato messo in orbita il primo marzo e dopo appena quattro settimane le sue prime immagini ci mostrano la disgregazione di un immenso tavolato di ghiaccio in Antartide. Envisat ha appena iniziato a funzionare e già dobbiamo preoccuparci?

Una certa preoccupazione per lo stato di salute del nostro pianeta non è solo giustificata, ma è anche sana e feconda, perché ci spinge a conoscere meglio il sistema climatico terrestre, che è un meccanismo di grande complessità. Il rispetto per l'ambiente e la necessità di conoscerlo sono alla base dello sforzo che l'ESA sta profondendo nella costruzione e nel lancio di satelliti che siano in grado di darci risposte più significative di quelle abbiamo oggi.

L'evento a cui ti riferisci è la disgregazione della sezione nord del Tavolato di Larsen, una piattaforma ghiacciata della penisola antartica, che si protende verso la Terra del Fuoco, in Argentina. Se ci fermiamo ai "numeri" del fenomeno si rimane impressionati: 3250 km2 di ghiaccio disgregati in poco più di un mese, un'estensione analoga a quella della Val d'Aosta. E si sta parlando di una lastra di ghiaccio spessa 220 metri e che probabilmente risale alla fine dell'ultima delle glaciazioni maggiori, circa 12 000 anni fa. La massa ghiacciata che si è sciolta e frammentata corrisponde a circa 720 miliardi di tonnellate.

La registrazione di questo fenomeno ottenuta da Envisat sono state presentate oggi all'ESRIN, la sede italiana dell'ESA, che di Envisat è il vero e proprio sistema nervoso centrale. Sono immagini che per la loro risoluzione fanno decisamente ben sperare sul contributo che Envisat potrà dare alla comprensione del sistema climatico terrestre. Envisat sarà utile sia agli scienziati che ai politici: agli scienziati darà dati e misure che permettono uno studio globale del sistema climatico, in continuità con quanto hanno già fatto dal 1991 a oggi da altri due satelliti europei, ERS1 ed ERS2. Di conseguenza, anche i politici avranno molta materia su cui meditare. Di fatto oggi ci sono molti indizi secondo cui le attività umane corrono il rischio si modificare il clima del nostro pianeta in maniera irreversibile e, forse, catastrofica. Anche se non tutti gli scienziati sono d'accordo con questa visione.

La prima immagine di Envisat: le coste della Mauritania (MERIS)
La prima immagine di Envisat: le coste della Mauritania (MERIS)

Quali possono essere le conseguenze dirette della disintegrazione di questa immensa quantità di ghiaccio?

Conseguenze dirette non ce ne sono: non è per un evento di questo tipo che dobbiamo aspettarci, per esempio, un innalzamento del livello dei mari. Tuttavia lo scioglimento sembra essere direttamente collegato con l'aumento della temperatura in quella zona, che è stato stimato in circa 0,5 °C ogni 10 anni, a partire almeno dagli anni '40. Dunque la cosa fondamentale da capire è a che cosa è dovuto l'aumento di temperatura e che cosa dobbiamo aspettarci per il futuro.

Negli ultimi anni 5 anni la superficie di ghiaccio che si è disgregata in quella zona è di 5700 km2, una superficie superiore a quella della Liguria. E dal 1974 ad oggi, la superficie di ghiaccio del Tavolato di Larsen che è andata persa è di circa 13 500 km2, quanto l'intera Campania. Envisat ha acquisito queste immagini con il suo strumento principale, il radiometro ASAR, uno strumento attivo, che invia un fascio di onde radio a terra. Le onde radio rimbalzano sulla superficie terrestre e vengono ricevute da un'antenna del satellite. Il punto è che la superficie su cui rimbalzano le onde lascia la propria impronta digitale sulle onde stesse, permettendo agli scienziati di distinguere la terra emersa, dal ghiaccio, dall'acqua liquida e così via. Il pregio del radar, fra gli altri, è che può osservare la terra sia di notte che di giorno, indipendentemente dalle condizioni del tempo.

Envisat osserva la Terra solo con le onde radio?

A bordo di Envisat ci sono 10 strumenti scientifici che osservano la Terra nelle onde radio, nel visibile, nell'infrarosso, nell'ultravioletto. Per esempio lo strumento MERIS è uno spettrometro in grado, fra l'altro, di misurare la quantità di clorofilla presente nella superficie degli oceani. E la presenza di clorofilla è legata allo sviluppo del fitoplancton. Il fitoplancton si nutre attraverso la fotosintesi clorofilliana, assorbendo biossido di carbonio dall'atmosfera e distruggendolo. E il biossido di carbonio è uno dei gas che più contribuiscono all'effetto serra. Nelle prime immagini di Envisat mostrate ad ESRIN si distinguono chiaramente le acque con plancton da acque che mostrano sabbia e sedimenti e da acque "pulite": sono immagini che riguardano le coste della Mauritania, nell'Africa occidentale.

ESRIN: l'antenna
ESRIN: l'antenna

ESRIN, la sede italiana dell'ESA che sorge a Frascati, nei pressi di Roma, è un po' il cervello informatico di Envisat. Come funziona il centro di elaborazione dati dell'ESRIN?

Envisat comunica direttamente con varie stazioni di terra: Kiruna in Svezia, Svallbard in Norvegia, Fucino in Italia, Villafranca in Spagna. Quando il satellite sarà nella maturità della sua vita scientifica altre stazione di terra dovranno essere coinvolte. Tuttavia, Envisat orbita a soli 80 km di quota, e ci sono intervalli nel corso dell'orbita in cui non "vede" direttamente le stazioni di terra. In questo caso, Envisat può mandare i dati che raccoglie al il satellite europeo per telecomunicazioni Artemis, che funzionerà da ripetitore. Questa strategia, in entrambi i casi, permette di trasferire a terra la messe di dati raccolta in un'intera orbita in soli dieci minuti.

In un modo o nell'altro, i dati raccolti da Envisat convergono a ESRIN, dove un intero edificio è adibito agli impianti di controllo e di gestione della missione. I dati ricevuti sono immediatamente trasformati in un formato standard che può già essere distribuito agli utenti in tempo "quasi" reale, in meno di tre ore dall'osservazione satellitare. Vi sono poi tutta una serie di procedure e studi sui dati raccolti che conducono a livelli di interpretazione scientifica sempre più sofisticati, a seconda dell'utilizzo dei dati stessi. Spesso le istituzioni scientifiche hanno bisogno di dati senza grandi interventi, perché sono loro stessi a mettere in atto loro specifiche procedure di analisi. Al contrario, le protezioni civili sono interessate ad avere dati che possano essere usati subito, per esempio per un intervento di emergenza sul territorio.

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